Gimme Hope Jo’anna!
Posted on 09. Apr, 2010 by Andrea Cinquina in E.U., Italy
Credo che a Copenhagen per il COP15 siano stati commessi errori importanti e profondi da parte di tutti: i governi, le ONG (organizzazioni non governative), la stampa, la società civile e sarebbe auspicabile che tutti guardassero indietro per cercare di capire dove si è sbagliato.
Personalmente ritengo che si sia voluto tentare l’impresa quando in realtà in pochi erano pronti a sostenerla.
I governi. Pronti, loro, di sicuro non lo erano o almeno molti di loro non lo erano. Gli interessi particolari dei governi dei vari Paesi erano e sono ancora troppo forti. Così alcuni Paesi sembrano non tener conto per nulla del futuro immediato della loro popolazione (India ad esempio), altri continuano a comportarsi come fossero loro i padroni del mondo (Cina e USA), altri ancora sembrano in grado di poter recitare solamente il ruolo di comparse di lusso (EU), mentre la maggioranza dei Paesi non sembra capire che nell’intero processo dell’UNFCCC, come in tutti i negoziati, il compromesso è d’obbligo – ogni soggetto dovrà fare delle rinunce rispetto alle proprie attese per giungere ad un accordo comune.
Le ONG. È vero, nelle trattative è fondamentale chiedere sempre più di quanto si vuole. È una pratica alla base di ogni negoziato, no? Se a me sta bene 100, proverò a chiedere 130, così, se saprò giocare bene le mie carte nella trattativa, magari arriverò ad avere 100. Purtroppo questa tecnica non è sempre efficace, soprattutto se quanto si chiede è palesemente di più di quanto si possa sperare di ottenere: chiedere a tutti i costi un accordo quando le premesse non ci sono, può infatti diventare molto rischioso.
Porre il COP15 come l’ultima opportunità (“o ora o mai più”) per avere un accordo vincolante sul clima quando in realtà era piuttosto evidente come sarebbe stato impossibile farlo, è stato un errore, una forzatura che si sarebbe potuta evitare. È giusto spingere per avere sempre qualcosa in più, ma si sarebbe dovuto fare in un modo più costruttivo.
è tempo di raccogliere i cocci di Copenhagen
Che cosa abbiamo ora? Circa quattro mesi di stallo derivanti dal naufragio di Copenhagen, dove cinque Paesi hanno deciso di ritenere l’UNFCCC così poco importante da presentare un loro accordo invece di costruirlo insieme alle altre parti.
Oggi, primo giorno di negoziati, i Paesi non fanno nient’altro che chiedere di restaurare la fiducia nell’UNFCCC attraverso la trasparenza e l’inclusione. Come dire, tutto da ricostruire.. e questo si sarebbe potuto evitare.
La società civile. Le persone comuni hanno avuto l’opportunità di farsi sentire davvero al COP15. E l’hanno fatto, ma forse non come avrebbero potuto data l’importanza dell’evento. Si, è vero che la risposta della società civile è stata globale e comunque importante rispetto quanto accadeva anche dieci anni fa, ma comunque possiamo dire che non è stata abbastanza.
La stampa. La copertura mediatica era notevole a Copenhagen. Spesso è volentieri però si è parlato più delle persone arrestate (e subito dopo rilasciate poiché si trattava di “arresti preventivi”) che di altri argomenti ben più importanti, come la quasi totale mancanza di trasparenza all’interno del Bella Center di Copenhagen emersa durante gli ultimi giorni del COP15.
Ora bisogna essere più realisti e meno sognatori: sappiamo che in Messico un accordo giusto, ambizioso e con valenza legale è molto improbabile se non impossibile. Ma questo non vuol dire nulla, anzi, deve spingerci a lavorare tutti con convinzione affinchè un accordo reale e degno di questo nome avvenga il prima possibile.
E si deve farlo passando già attraverso Bonn1, le altre intersessioni e il COP16.
Un anno fa Copenhagen era stata presentata come l’ultima spiaggia ed il risultato è davanti ai nostri occhi. Ora più realisticamente possiamo dire che il Sud Africa, ovvero dove si terrà nel 2011 il COP17, sarà la vera opportunità da non sprecare e dove riporre tutte le nostre speranze (Johannesburg give me hope!, come nella famosa canzone).
Consci che queste trattative non possono durare appena sette mesi, verosimilmente il Messico più che il traguardo finale rappresenterà solo una tappa, seppur fondamentale per costruire un accordo vero e duraturo; ed allora il nostro compito (come cittadini) è di assicurare la pressione necessaria e preparare il campo affinchè i governi e i negoziatori lavorino per tutto questo, rispettando i tempi necessari affinchè si arrivi ad una conclusione finale che sia giusta, ambiziosa e legalmente vincolante.
The Adopter - Andrea Cinquina
Andrea Cinquina è un ragazzo italiano di trenta anni, nato e cresciuto a Pescara, in Abruzzo. Laureato in Economia Ambientale presso l'Universitá di Pescara, ha frequentato un master internazionale di due anni in Svezia sugli studi ambientali e le scienze sostenibili. continua a leggere »
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